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 All’accertamento delle violazioni alla 
  Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, commesse 
  dagli Stati, presiede la 
   Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. 
Il Protocollo 
  n. 11 firmato a Strasburgo l’11.5.1994, 
  aggiuntivo alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo del 4.11.1950, 
  prevede una radicale riforma della procedura contenziosa davanti agli organi 
  giurisdizionali del Consiglio d’Europa, con la soppressione della Commissione 
  Europea dei Diritti dell’Uomo e con la facoltà del ricorso individuale 
  diretto alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Tale riforma è entrata in 
  vigore il primo novembre 1998(novantotto). Con la nuova procedura 
  il ricorso individuale (scritto in lingua italiana) deve essere 
  inviato per posta raccomandata al seguente INDIRIZZO: CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO 
  presso il Consiglio d’Europa, 67075- STRASBOURG-CEDEX – FRANCIA. (telefono 0033388 412018, telefax 0033388 412730, sito 
  INTERNET http://www.echr.coe.in  
  ). 
Il ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo può essere 
  presentato da una persona fisica o giuridica che sia stata 
  parte (attrice o convenuta o imputata) in una controversia davanti ai giudici 
  nazionali (civili, penali o amministrativi) e solo dopo che siano esauriti 
  tutti i possibili rimedi giurisdizionali davanti agli stessi giudici 
  nazionali, cioè di regola fino alla sentenza definitiva in Cassazione e, 
  comunque, non oltre il termine perentorio 
  di sei mesi, a decorrere dalla data di pubblicazione di tale 
  sentenza. 
Nel ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo vanno 
  indicate le norme della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo del 
  4.11.1950 che si pretendono violate da parte dello 
  Stato italiano, poiché solo quest’ultimo assume il 
  ruolo di controparte nella procedura europea, anche se davanti ai giudici 
  nazionali la causa si era celebrata in contraddittorio con altri soggetti 
  privati o pubblici. 
Il ricorso non va notificato allo Stato italiano poiché a ciò provvederà la cancelleria della 
  Corte Europea dei Diritti 
  dell’Uomo, che indicherà al ricorrente le successive regole di procedura, 
  fissando i termini per l’invio di ulteriori memorie difensive scritte. 
Tutti i rapporti con la Corte Europea dei 
  Diritti dell’Uomo avvengono in via epistolare e la procedura è totalmente 
  gratuita, anche in caso di rigetto del ricorso. Nella prima fase della 
  procedura non è necessaria l’assistenza di un avvocato, ma soltanto nella 
  fase successiva alla declaratoria di ricevibilità 
  del ricorso. Di regola la ricevibilità del ricorso viene dichiarata in modo definitivo da un Comitato formato 
  da tre giudici della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. In difetto di tale 
  preliminare pronuncia, la ricevibilità del ricorso , come anche la decisione di merito viene adottata da una 
  singola Camera formata da sette giudici .  
La trattazione orale si svolge in un unica pubblica udienza, che però è fissata a 
  discrezione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, salvo che una delle 
  parti ne faccia espressa richiesta; tale richiesta potrebbe, però, essere 
  disattesa se la stessa Corte ritenesse sufficienti le difese scritte.  
A certe condizioni il ricorso può essere 
  deciso da una Grande Camera formata da diciassette giudici.  
Se il caso, per la sua originalità presenta 
  “gravi questioni” circa l’interpretazione della Convenzione, oppure 
  per evitare possibili contrasti di giurisprudenza, la singola Camera può 
  deferire immediatamente l’esame del caso alla Grande Camera 
  . Di regola le sentenze emesse dalla singola Camera sono definitive a meno che una delle parti non richieda entro i tre mesi 
  successivi il riesame da parte della Grande Camera, deducendo che il caso per 
  la sua originalità presenta gravi questioni circa l’interpretazione della 
  Convenzione, oppure di carattere generale. A fronte di tale richiesta un 
  collegio ristretto di cinque giudici della Grande Camera valuta 
  l’ammissibilità dell’istanza di riesame.  
Le lingue ufficiali della procedura davanti 
  alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sono il francese e l’inglese, ma il 
  ricorrente può essere autorizzato a far uso della propria lingua nazionale 
  negli scritti difensivi, ottenendo -senza alcun suo onere- la traduzione 
  degli scritti avversari. In udienza davanti alla Corte Europea dei Diritti 
  dell’Uomo è garantita la traduzione simultanea dell’arringa del difensore del 
  ricorrente che facesse uso della propria lingua 
  nazionale, ma egli deve essere in grado di conoscere almeno una delle due 
  lingue ufficiali usate nel dibattimento (francese ed inglese). 
Al termine della procedura la Corte Europea dei 
  Diritti dell’Uomo emette una condanna, a carico dello Stato responsabile 
  della violazione dei diritti dell’uomo ed a beneficio del cittadino-vittima, 
  a titolo di risarcimento di quei danni che non siano stati 
  riconosciuti in base alla sentenza emessa dai giudici nazionali. Ad esempio, 
  entro tre mesi dalla condanna emessa dalla Corte Europea dei Diritti 
  dell’Uomo, il Governo italiano provvede al pagamento, a 
  mezzo bonifico bancario sul conto corrente del cittadino.  
Per agevolare la presentazione dei ricorsi 
  alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, pubblichiamo, pertanto, i vari 
  formulari di ricorso per denunciare la violazione di altri 
  diritti garantiti dalla stessa Convenzione e dai Protocolli aggiuntivi.  
Ricordando che la Repubblica Italiana 
  deve rendere conto dell’applicazione delle norme della Convenzione Europea 
  dei Diritti dell’Uomo anche agli altri 14 paesi membri dell’Unione Europea 
  (Germania, Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Regno Unito, Irlanda, 
  Danimarca, Grecia, Spagna, Portogallo, Svezia, Finlandia, Austria), con 
  riferimento all’art. F.2 (delle disposizioni 
  comuni) del Trattato sull’Unione Europea (firmato a Maastricht il 7 febbraio 
  1992) ed agli artt. 6 e 7 nel testo consolidato del Trattato sull’Unione Europea 
  (firmato ad Amsterdam il 7 ottobre 1997), pubblichiamo anche un formulario di 
  denuncia dell’eccessiva durata dei processi in 
  Italia, indirizzata alla Commissione delle Comunità Europee, per l’avvio di 
  una procedura a carico dello Stato Italiano davanti alla CORTE DI GIUSTIZIA 
  DELLE COMUNITA’ EUROPEE e/o davanti al CONSIGLIO EUROPEO dell’Unione Europea. 
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